
13 Mar Venere di Urbino
Quasi 500 anni fa, nel marzo 1538, il rampollo della dinastia dei duchi di Urbino, Guidobaldo della Rovere, sollecitava più volte il suo agente a Venezia per l’acquisto della “donna nuda” che era in mano a Tiziano e, al tempo stesso, chiedeva insistentemente alla madre il denaro necessario per acquistare il dipinto.
In risposta, l’austera duchessa si opponeva fermamente e non sborsava neanche un ducato al capriccioso e lascivo figlio.
Il seducente nudo rimase qualche tempo nella bottega del pittore, ma Guidobaldo, ostinato, assicurava che lo avrebbe comunque acquistato, anche “coll’impegnare qualcosa di mio”. Difatti, grazie a tanta ostinazione, il dipinto giunse infine ad Urbino, per essere collocato nella stanza da letto del rampollo e della sua giovanissima moglie. Proprio a quest’ultima, Guidobaldo intendeva indirizzare la posa discinta della Venere, per suggerire in modo non troppo velato, l’atteggiamento che la novella mogliettina avrebbe fatto bene ad assumere nei suoi confronti: fedele, sì, come mostrava il cane ai piedi del letto, eppure disposta a compiacere le voglie del marito.
Un critico dall’occhio fino come Giorgio Vasari notava, a tal proposito, che le lenzuola su cui giace la donna sono sfatte.
Chi poteva averle stropicciate, dunque, se non Guidobaldo stesso, dopo una notte d’amore?
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