Le Ragazze di San Frediano | Madonna del Cardellino
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Madonna del Cardellino

Continua #dentrocasa , la nostra rubrica in tempi di #quarantena.

Oggi vi raccontiamo la storia della #madonnadelcardellino, o meglio la storia di ciò che le capitò nella casa in cui si trovava.
La casa era il palazzo dei Nasi, situato sulla collina scoscesa di Costa San Giorgio, a Firenze. Difatti il dipinto era un dono di nozze che il giovane Raffaello aveva realizzato per il suo amico Lorenzo Nasi nel 1506, in occasione del suo matrimonio con Sandra Canigiani.

Accadde però che, il 12 novembre 1547, il palazzo dei Nasi crollò a seguito di una frana.

Quando osserviamo un’opera d’arte, spesso non pensiamo agli enormi sforzi che sono serviti a realizzarla.
In questo caso, il discorso vale anche per il destino di questo dipinto: quando, percorrendo le @uffizigalleries , ce lo troviamo davanti, non ci passa neanche per l’anticamera del cervello che, durante il crollo del 1547, si fosse frantumato in ben 17 pezzi.
Lo ricompose un altro pittore cinquecentesco, Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, anche se la lucentezza con cui lo troviamo oggi, gli è stata restituita dall’ultimo restauro, operato dall’ @opificiodellepietredure e concluso nel 2008.

Questo dipinto è talmente armonioso, raffinato e delicato da conquistarsi, ancora oggi, l’ammirazione e la meraviglia di migliaia di visitatori.
Chiunque lo osservi viene immediatamente conquistato dalla dolcezza della Vergine che, con un gesto premuroso, sembra allo stesso tempo accarezzare e proteggere san Giovannino.


L’amore materno che scaturisce da questo gesto così spontaneo è tale che quasi ci dimentichiamo che il vero figlio di Maria è quello che lei tiene tra le ginocchia, e che allunga la mano per accarezzare il cardellino.Ma c’è un dettaglio che, a ben guardare, ci svela la verità. Gesù, proteso fra le gambe della madre, ha un piedino poggiato sul piede di lei. È un particolare così insignificante che quasi ci sfugge. Eppure è così autentico e dolce che basta questo a spiegare la poesia dell’intera opera. Vasari la sintetizzò in un unico aggettivo, banale, ma efficacissimo: “bellissima”.

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